Lo scorso 18 marzo, con un’iniziativa
senza precedenti per il nostro paese (e che di precedenti ne ha pochi
in generale), Eurostat non ha convalidato i dati su disavanzo e
debito pubblico resi noti dall’Istat il 1° marzo. (1)
Il comunicato stampa diffuso da Eurostat elenca una serie di questioni
sulle quali sono in corso discussioni con l’Istat, il cui esito
"potrebbe determinare una revisione in aumento del disavanzo pubblico,
soprattutto per il 2003 e 2004".
I motivi di preoccupazione
È una vicenda molto preoccupante per due aspetti: la possibilità
concreta di una violazione del Patto di stabilità europeo negli
ultimi due anni (il rapporto tra disavanzo pubblico e Pil è già al
2,9 per cento nel 2003 e al 3 per cento nel 2004) e la credibilità
dell’Italia di fronte ai partner europei e ai mercati. Delle
questioni sub iudice, elencate nel comunicato Eurostat, ve ne
sono alcune che hanno a che fare con questioni classificatorie, di
appartenenza o meno di determinate operazioni al perimetro pubblico, e
altre di natura più generale con implicazioni sulla qualità
dell’informazione statistica sui conti pubblici in Italia.
Iniziamo dalle prime. La più rilevante è la classificazione settoriale
di Infrastrutture Spa (Ispa), società finora considerata
esterna al settore delle amministrazioni pubbliche e avente come unico
azionista la Cassa depositi e prestiti. La principale attività di Ispa
è il finanziamento del progetto Tav delle Ferrovie (l’alta velocità).
A marzo 2005 il finanziamento complessivo di Ispa a Tav ammonta a 9
miliardi, di cui 6 miliardi di obbligazioni emesse nel 2004.
La questione è se questi finanziamenti debbano o meno essere
considerati come debito pubblico. Ciò dipende naturalmente da chi è
responsabile del servizio del debito. Nel caso in questione, fino alla
conclusione dei lavori dell’alta velocità sarà lo Stato a pagare gli
intereressi sui titoli Ispa, successivamente interessi e rimborso del
capitale verranno finanziati dai proventi dei biglietti ferroviari
sulle nuove linee veloci. Tuttavia, si prevede che questi proventi non
saranno sufficienti e che lo Stato dovrà accollarsi la parte residua
del servizio del debito. Secondo le stesse stime di fonte Tav, lo
Stato dovrà intervenire per una quota nell’ordine del 50 per cento.
Stime di altra fonte sono più pessimiste. Non appare, quindi,
infondata
la tesi di chi sostiene che le obbligazioni emesse da Ispa siano
debito pubblico a tutti gli effetti.
Quali sarebbero le conseguenze per i nostri conti pubblici?
Pesantissime. Le sole emissioni di obbligazioni del 2004 rappresentano
lo 0,44 per cento del Pil, già sufficiente ad annullare la
riduzione del rapporto debito/Pil realizzata nell’anno (da 106,3 a
105,8). E di fronte a una crescita del rapporto debito/Pil non
servirebbe a molto invocare la maggiore flessibilità del
Patto di stabilità riformato. Della stessa natura sono le
questioni sollevate da Eurostat a proposito di Scip2 (Link a
Pisauro 1-3-2004), delle anticipazioni da parte delle banche
concessionarie della riscossione delle imposte e dei finanziamenti
alle imprese dal bilancio Unione Europea. Si tratta di operazioni note
nella loro entità, ma di dubbia classificazione.
Una mina per la credibilità dei conti
L’inventario dei temi aperti ne comprende poi due di carattere
generale: incoerenze tra i dati di cassa e di competenza e discrepanze
statistiche nei conti pubblici. Sono questi i più pericolosi per la
credibilità dei nostri conti.
In particolare, la questione del divario tra indebitamento (di
competenza) e fabbisogno (di cassa) della Pa si trascina ormai da
anni senza che se ne intraveda una spiegazione. L’ultimo Bollettino
economico della Banca d’Italia valuta che, trascurando gli effetti
delle misure di natura temporanea, nel 2004 il divario tra i due saldi
sia rimasto sui livello del 2003: 1,2 punti di Pil, ovvero più
di un terzo dell’indebitamento netto. Il rischio è che alla lunga in
sede europea nasca il sospetto che questo divario sia l’indice di un
tentativo italiano di addomesticare i conti. Non crediamo sia così, ma
riteniamo che esso segnali un problema serio nella capacità del nostro
sistema di rilevazione dei flussi di finanza pubblica. Sarebbe il caso
di intervenire su questo, piuttosto che polemizzare con i burocrati
europei. E per acquistare maggiore credibilità varrebbe anche la pena
di ripensare allo status di indipendenza dell’Istat. In Grecia
discutono della trasformazione del loro istituto centrale di
statistica in un’agenzia indipendente posta sotto la supervisione del
Parlamento. Vogliamo aprire un dibattito analogo anche da noi?
Giuseppe Pisauro
(1) Ogni anno, il 1° marzo, i paesi membri della Unione
Europea devono notificare alla
Commissione europea i dati su disavanzo e debito pubblico
dell’anno precedente. A questa prima notifica segue un processo di
revisione i cui risultati confluiscono in una seconda notifica il 1°
settembre.
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Giuseppe PISAURO
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